Dopo sei anni – riforma Gelmini 2011-2012 – gli Istituti professionali cambiano ancora

La loro revisione è inserita in una delle otto deleghe approvate venerdì scorso in Consiglio dei ministri, tra le più sottaciute e contemporaneamente importanti della Buona scuola bis. Varrà dal 2018-2019. Il modello di riferimento è la Germania, dove molti studenti sono impegnati in scuole di avvicinamento al lavoro di prim’ordine, in grado di portare a stipendi d’ingresso pesanti, e altrettanti si iscrivono dopo il diploma a istituti superiori professionali e tecnici di valenza universitaria. Il decreto attuativo della Legge 107 ha queste finalità, si legge: “Un sistema di istruzione e formazione professionale deve educare le nuove generazioni al saper fare di qualità consentendo una rapida transizione dal sistema educativo al mondo del lavoro”. I “professionali statali”, ecco, cercano un’identità forte, che li smarchi dagli istituti tecnici (Finanza, Turismo, Meccanica, Trasporti per citare) e li differenzi dai corsi di formazione (Iefp) affidati alle regioni.

La riforma, seguita da febbraio 2014 dal sottosegretario Gabriele Toccafondi sopravvissuto al cambio di governo e di ministro, innanzitutto rimodula i cinque anni di scuola previsti. Erano due stagioni più due più una, in precedenza: due bienni a cui seguiva il quinto anno. Diventano, in maniera più omogenea, un biennio più un triennio. Nei primi due anni restano gli “assi culturali”, ovvero le aggregazioni di insegnamenti omogenei e di base (lingua italiana e straniera, matematica, apprendimento storico-sociale, scienze motorie) e si dà maggiore spazio all’alternanza scuola-lavoro e all’apprendistato. In una scuola work-oriented in tutti e cinque anni si studia comunque Italiano (4 ore a settimana), Matematica (3-4 ore), Inglese (3 ore) e Storia (2 ore).

Prima del 2011, i settori erano cinque con ventisette indirizzi. Con la Gelmini ministra, furono accorpati in due macrosettori con sei branche. La Riforma Toccafondi riallarga gli indirizzi, da sei a undici, agganciandoli alle attività economiche di rilevanza nazionale. I nuovi temi didattici sono: agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane; pesca commerciale e produzioni ittiche; industria e artigianato per il Made in Italy; manutenzione e assistenza tecnica; gestione delle acque e risanamento ambientale; servizi commerciali; enogastronomia e ospitalità alberghiera; servizi culturali e dello spettacolo; servizi per la sanità e l’assistenza sociale; arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.

Ogni scuola potrà declinare questi indirizzi in base alle richieste del territorio (ci sono flessibilità possibili sull’orario dal 20 al 40 per cento). Si punta a una personalizzazione degli apprendimenti, un progetto formativo individuale (264 ore l’anno destinate) sempre mirato all’accesso nel mondo del lavoro. Le scuole, in autonomia, potranno rafforzare i laboratori, chiedere consulenze a esperti e attivare rapporti di partnership. Nel biennio, a fronte di 2.112 ore previste nell’arco dell’anno, 1.188 ore sono di insegnamenti e 924 ore destinate ad attività di laboratorio.

Dal 2018 sarà possibile il passaggio dai corsi di formazione regionali Iefp (qualifica triennale o diploma quadriennali offerti da sette regioni) al professionale di Stato. Uno studente attraverso una passerella resa possibile dalla Rete nazionale delle scuole professionali potrà passare al quarto o al quinto anno e, dalla formazione, passare al diploma (quinquennale) di istruzione. Tutti i diplomati, a quel punto, potranno accedere agli Istituti tecnici superiori (Its), alle Università e alle Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam). Per le novità della riforma ci saranno 48,2 milioni “a regime”, 25 milioni l’anno per l’apprendistato formativo.

Secondo i dati resi pubblici dal Miur, l’iscrizione agli istituti professionali è in flessione: dal 17,6 per cento delle preferenze del 2016 al 16,5 per cento di quest’anno (era il 20,6 nel 2013). Gli iscritti annuali viaggiano, in queste stagioni, tra i 110 e i 120 mila. Il settore dei Servizi ha ottenuto il 10,5 per cento delle iscrizioni, 0,4 in meno. Un percorso di Formazione professionale è stato scelto, invece, dal 3,9 per cento dei neoiscritti.

Dice il sottosegretario Gabriele Toccafondi: “La scuola è il luogo in cui i ragazzi scoprono la propria strada, il proprio talento e si orientano per il futuro. L’istruzione professionale negli ultimi anni più che orientare rischiava di disorientare, con tassi di abbandoni scolastici e bocciature al primo anno altissimi. È stato approvato un percorso di istruzione professionale che dialoga con il mondo del lavoro e delle professioni, con meno materie e
il potenziamento delle ore di laboratorio.
Il cambiamento era già iniziato con l’alternanza scuola-lavoro curricolare, la possibilità di apprendistato nel percorso di studi, investimenti per i nuovi laboratori e la creazione del percorso post-diploma Its”.

Fonte Repubblica